Storie d’acqua
Vi ho detto che mi chiamavano Casa Lucertola, il nome era nato perché da sempre, per la mia esposizione solare e il mio essere al limitare del borgo, l’ultimo edificio prima dei campi, sono stata prediletta da questi piccoli rettili. I miei antichi proprietari ne erano felici, tanto da mettere in giardino una scultura di pietra a forma di lucertola.
Oltre al sole, l’altro elemento che attira le bestiole è l’acqua. E attorno a me non manca. C’è un riale minore, che non ha nome né traccia nella cartina ufficiale e che penetra all’interno del mio terreno. Quando vi sono giornate di forti piogge si gonfia e perciò ha visto interventi per modificarne la portata e metterlo in sicurezza. Avvenne quando su costruita la strada che porta ai monti di Megiagra, negli anni in cui a valle si costruiva l’autostrada A2 che collega l’Italia a Lugano, Bellinzona e si spinge sin oltre il Gottardo.
Mi ha sempre tenuto compagnia con il suono delle sue cascatelle, ma poco prima delle mie mura penetra nel terreno e sparisce, per emergere qualche chilometro a valle e portare le sue acque attraverso altri riali al Ticino e al Lago Maggiore.
Il suo inabissarsi è frutto dei terrazzamenti che nei secoli gli abitanti di Robasacco hanno compiuto per coltivare la vite e i frutteti, seminare gli orti. Anche l’acqua ha lavorato da par suo, ha levigato lastre di pietra, le ha trasportate a valle, facendole diventare materiale per costruire, delimitare, abbellire.